“Diamo Un Calcio Al Bullismo”, Imbimbo: “Prima formare l’uomo, poi il calciatore”

“Diamo Un Calcio Al Bullismo”, Imbimbo: “Prima formare l’uomo, poi il calciatore”

A cura di Matteo Lanzi

Venerdì 24 settembre arrivando al campo “Gabii” la prima cosa che si poteva notare era una folta schiera di bambini che giocavano tra loro, con felicità e passione. Guardando meglio si notava anche un uomo che li guidava e li osservava da bordo campo. Roberto Imbimbo, direttore sportivo del Ponte di Nona, ha fatto dell’impegno calcistico e sociale una parte fondante della sua vita e con grande gioia può raccontare le iniziative promosse dalla sua società insieme all’aiuto della famiglia Gaglio.

“Diamo Un Calcio Al Bullismo”: come nasce quest’iniziativa?

E’ una giornata all’insegna del sano sport che abbiamo organizzato insieme allo Sporting San Cesareo, promotore di quest’evento. Noi abbiamo aderito con gioia vista la nostra attenzione alle problematiche sociali dei ragazzi: il nostro motto è che prima vanno formati gli uomini, poi i calciatori. Vedere questi ragazzi conoscersi, fare amicizia, giocare insieme anche mischiando le squadre ci ricorda che questo è uno sport che serve a fare gruppo ed a permettere ai giovani di crescere insieme imparando dei sani valori“.

Il vostro impegno fa ancora più risalto visto il difficile contesto dove operate: questo vi da più motivazioni?

Per noi nasce tutto dal gioco: attraverso questo si riesce a far socializzare bambini di varia estrazione sociale e con esperienze di vita diverse. Non lo nego, noi operiamo in un quadrante particolare, che spesso salta agli onori della cronaca per aspetti di disagio e degrado, ma è proprio qui che lo sport interviene, abbattendo le barriere e rendendo migliori i bambini e di conseguenza gli uomini che saranno“.

Dare opportunità a chi non ne ha: tu sei promotore di una collaborazione bellissima, quella con l’associazione “I Colori di Matteo”.

Ogni 2 settimane ospitiamo nel nostro impianto quest’associazione, guidata da Sara Fioramanti, che è sensibile alle problematiche dei bambini autistici. Questi ragazzi hanno la possibilità di passare del tempo con i tesserati della nostra scuola calcio e dell’agonistica, svolgendo insieme attività ricreative, musicali e anche sportive, con i nostri calciatori che vestono le panni di tutor, guidando i loro coetanei meno fortunati“.

Un Ponte di Nona che combatte contro le discriminazioni a 360 gradi, come dimostra l’istituzione, da quest’anno, della scuola calcio gratuita per le bambine.

Questa è un’iniziativa che ci riempie d’orgoglio. Trovo che sia fantastico riuscire a creare dei gruppi misti dove entrambi i sessi possono svolgere lo sport che amano, in serenità e sicurezza. I numeri sono in crescita e mi auguro che possano continuare ad esserlo“.

Al di la della discriminazione, qui si cura ogni dettaglio, anche l’estetica e l’educazione dei ragazzi.

Già prima del Covid avevamo instituito degli incontri formativi con tutti i tesserati della scuola calcio, per insegnare loro, tramite il dialogo, i giusti comportamenti da tenere. Porto un esempio: ci teniamo che il ragazzo vada in campo con la maglia dentro i pantaloncini, con i calzettoni alzati e senza orecchini o altro, rispettando in toto quelle che sono le regole di questo sport. Un altro aspetto è anche il decoro degli spazi intorno, quindi insegnare loro a mantenere puliti gli ambienti così come li trovano. Ovviamente tutto ciò è collegato al comportamento da tenere dentro il campo, che deve essere rispettoso verso l’avversario e verso l’arbitro: vogliamo arrivare ad avere ragazzi nell’agonistica cresciuti con questi valori e che rispecchino il nostro ideale, cioè vincere con lealtà“.

Il quadro fin qui dipinto è fantastico: a cercare la nota dolente si potrebbe parlare del fatto che queste sono iniziative autonome, poco supportate dalle istituzioni.

Questo discorso è vero in generale, in particolare per i ragazzi affetti da disabilità, che sono i più colpiti da queste mancanze. Servirebbe più impegno per permettere che queste iniziative non siano casi sporadici ma anzi diventino un’abitudine consolidata per tutte le società“.

Un appello che non possiamo che condividere, sperando che qualcuno prima o poi lo raccolga.