Morolo, la gioia di Campolo: “Chiuso un quadro con la firma di ognuno di noi, ora stacco quindici giorni e poi vediamo…”

Morolo, la gioia di Campolo: “Chiuso un quadro con la firma di ognuno di noi, ora stacco quindici giorni e poi vediamo…”

Due giorni fa il Morolo ha chiuso il cerchio, ponendo fine ad una stagione in cui non sono mancati i momenti delicati ma che si è riassunta con una meritata salvezza.

Merito dei calciatori, artefici di un prepotente finale di stagione, del club che li ha sempre lasciati lavorare in serenità ed ovviamente anche del loro allenatore.

Stefano Campolo, il rasta più famoso del calcio laziale, può finalmente godersi un pizzico di serenità.

Giovedì l’ultima partitella in famiglia rappresenterà anche il fatidico momento del “rompete le righe”.

Giocherà anche lui che fino a poche stagioni fa è stato uno dei centrocampisti più completi delle nostre categorie.

Un modo per sciogliere definitivamente la pressione delle ultime settimane.

Uomo di calcio, ma anche di musica e di arte in generale, il tecnico biancorosso assai di rado presta il fianco alle banalità di cui troppo spesso s’imbeve il nostro settore.

La salvezza del suo Morolo merita una sua chiosa finale.

 

Stefano, sono trascorse quarantotto ore.

Qual è il pensiero dominante?

“E’ stata una stagione difficile, travagliata sotto molti punti di vista, am per fortuna si è conclusa nel migliore dei modi.

Domenica al campo è venuta tanta gente a sostenerci ed abbiamo raggiunto il nostro obiettivo.

Mettiamola così: dovevamo chiudere il quadro con la firma di ciasciuno di noi e ci siamo riusciti”.

Possiamo dire che contro l’Itri abbiamo visto il miglior Morolo della stagione?

“Penso di sì.

Quattro gol non eravamo mai riusciti a farli, neppure in allenamento, e sono venuti nel giorno più importante per fortuna”.

Nel corso del torneo avete vissuto più di un momento delicato.

Qual è stato il peggiore di tutti?

“Ne ricordo un paio in particolare.

Il primo fu la sconfitta di Aprilia.

Eravamo nel pieno del periodo in cui Perrotti spingeva per andare via ed io lo sostituii dopo dodici minuti a causa dell’espulsione del nostro portiere Fiorini, anche per dare un segnale forte alla società.

Il secondo si materializzò invece con il ko di Itri.

Lì venivamo da un’impresa sfiorata in Coppa Italia contro la Valle del Tevere ed in settimana ci eravamo allenati benissimo.

Poi però in partita siamo crollati, abbiamo preso una bambola che mi ha fatto riflettere.

Non nascondo che avevo anche pensato di mollare tutto e farmi da parte.

Mi sono detto: “Se non sei in grado di valutare il momento della squadra, che ci resti a fare qui?”.

In quel momento è stata fondamentale la stima del direttore Pistolesi”.

pistolesi-perotti-morolo

Sii sincero: quando Mattia Perrotti è venuto da te e ti ha detto: “Mister, mi sa che torno a Cassino”, che cosa ti è passato per la testa?

“Mi è dispiaciuto molto, questo è ovvio.

Mattia è un giocatore forte e nelle prime undici giornate ci aveva già garantito nove reti.

Tramite i giocatori più esperti, Lisi e Fiorini su tutti, ho provato a convincerlo a restare con noi, ma non c’è stato verso.

Lui voleva andare per vincere il campionato,

Umanamente ho compreso il suo desiderio…”.

E quali strategie avete perseguito dopo?

“Non è stato facile.

Contestualmente avevamo perso anche Movila e davanti eravamo corti.

E’ stato necessario muovere un po’ le pedine, cambiare qualcosa sotto il profilo tattico.

Durante il mese di novembre abbiamo infilato una serie di sconfitte, alcune anche immeritate, ma qualcosa non funzionava.

Il mio credo calcistico passa per l’esser padroni del campo.

Sono convinto che una squadra debba costruire dal basso in fase di possesso ed aggredire alto in fase di non possesso.

La squadra però faceva fatica.

Mi sono consultato anche con i ragazzi più esperti ed abbiamo modificato qualcosa.

Lentamente, con l’andare delle settimane, la squadra ha trovato una propria identità ed ha costruito la salvezza”.

Tra le soluzioni adottate un posto d’onore lo merita la scoperta di un grande D’Alessandris.

Ma è davvero così forte come dicono questo ragazzo?

“Jimmy è tanta roba.

Era partito un po’ in sordina per via di un carattere che lo limitava un po’.

All’inizio, se sbagliava il primo pallone della partita, si deprimeva e non la prendeva più.

Mi ritengo un uomo onesto e schietto.

Abbiamo parlato: io gli ho spiegato cosa volevo da lui e lui ha recepito.

E’ un giocatore dotato di grande tecnica e velocità.

Può ambire a categorie superiori in futuro”.

 

Nella seconda parte del girone di ritorno avete raccolto scalpi illustri come quelli di Aprilia, Audace e Serpentara.

Secondo te, quale partita vi ha trasmesso la carica giusta per chiudere alla grande la stagione?

“Consideratemi pure ripetitivo, ma io torno sulla sconfitta con l’Itri.

Lì ci siamo chiusi nello spogliatoio, ci siamo guardati in faccia ed abbiamo discusso anche in termini franchi, rudi.

Questa squadra era stata abituata nelle stagioni precedenti alla presenza di due come Carlini e Perrotti che magari ti risolvevano la partita con una giocata.

Questo aveva scaricato di responsabilità i più giovani e li aveva indotti a speculare un po’.

Persi questi due giocatori, tutti si sono dovuti assumere le proprie responsabilità.

Come ho già detto in precedenza, anch’io ho modificato qualcosa.

Alla fine ne siamo riusciti a venire a capo, anche grazie al contributo del ds”.

pistolesi morolo

Di Pistolesi sei stato anche compagno di squadra in passato.

Dimmi la verità: meglio da attaccante o da direttore sportivo?

“Da attaccante l’ho sempre odiato, pensava solo al gol e se non segnava era un tormento (ride).

Scherzi a parte, Francesco era forte da giocatore ed è bravo come direttore.

Ha avuto il merito di tutelarci sempre, di proteggere in ogni momento me e la squadra durante la stagione.

Il suo limite è l’ansia, va spesso in fibrillazione e protesta troppo con gli arbitri.

Ecco, da questo punto di vista può e deve migliorare”.

Tu invece come la vivi la partita nei novanta minuti?

“Io sono dell’opinione che occorre massimo rispetto nei confronti dei direttori di gara e degli avversari.

Ho stipulato un patto con me stesso: se un giorno dovessero espellermi per intemperanze, smetterei di fare questo mestiere.

Sarebbe una cosa contraria ai miei principi”.

Tu sei stato un grande centrocampista e quello che si è appena concluso è stato il tuo primo anno da tecnico in Eccellenza.

Che rapporto si può fare rispetto ai tuoi tempi, secondo te?

“Mah, cosa posso dirti?

Ormai adesso mi sembrano tutte amichevoli.

Ne parlavo giusto qualche settimana fa con Maurizio Alfonsi.

Prima andavi a giocare a Formia, a Gaeta o a Minturno ed erano battaglie vere.

Non so spiegarmi il reale motivo, ma ormai vedo poca foga agonistica sui campi in questa categoria.

Ce n’è sicuramente di più in Promozione, anche se può sembrare un paradosso”.

Cosa hai detto ad Alfonsi?

“Gli ho detto che, se i ritmi sono questi, uno come lui può ancora divertirsi per una decina d’anni”.

Tu sei anche un ottimo musicista.

Ma è vero che adesso organizzi un concerto per la squadra per festeggiare insieme la salvezza?

“Mi piacerebbe, ma non ho il tempo materiale per farlo purtroppo.

Al massimo posso promettere che alla prossima serata che trascorreremo insieme porterò con me la chitarra e suonerò qualche pezzo unplugged”.

Se tu dovessi assegnare il titolo di una canzone alla stagione del Morolo, quale sceglieresti?

“Penso che sceglierei una canzone che ho scritto io e che si chiama “Brother, don’t give up”.

Come recita il titolo, non ci siamo arresi”.

Nella prossima stagione oltre a voi, all’Arce ed al Roccasecca nel massimo campionato regionale ci sarà anche il Città di Anagni.

Se a queste presenze aggiungiamo anche il fresco successo del Cassino, a tuo giudizio possiamo parlare di una nuova primavera del calcio della provincia di Frosinone?

“Mah, sinceramente credo sia solo una casualità.

Nella nostra provincia, ad eccezione della Pro Calcio di Arcese, non vedo una grande organizzazione a livello di settore giovanile.

Per assistere ad una vera primavera bisognerebbe lavorare in maniera accurata e profonda sui giovani, partendo dal basso”.

E invece?

“E invece il ritornello è sempre lo stesso: chi ha soldi da investire prova semplicemente a vincere il campionato.

Questo però non vuol dire costruzione”.

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Il prossimo anno resti a Morolo?

“La mia priorità in questo momento è prendermi quindici giorni di assoluto stacco, perchè mentalmente ne ho davvero bisogno.

Giovedì concluderemo ufficialmente la nostra stagione con la classica partitella in famiglia e poi ci saluteremo”.

Giocherai anche tu?

“Certo, ho promesso un tunnel a Lisi.

Non posso proprio tirarmi indietro (sorride)…”.

So che hai simpatie per la Roma.

Mettiamo che domani ti chiama Monchi e ti dice: “Mi piace come alleni.

Per il dopo-Spalletti scelgo te, a patto che ti tagli i dreadlocks.

Cosa gli rispondi?

“Credo che gli direi: “Caro Monchi, ma non è che sei geloso?” (ride)…”.